L’uomo del giorno dopo

18 10 2008

Ormai è certo: Kevin Costner ama l’America. Se guardi la sua filmografia vedi che i suoi film più belli parlano della migliore storia degli USA, ad eccezione di JFK, naturalmente. Ho visto Fandango, dove l’attore è ribelle perché sognatore e giovane, giustificato quindi; ho visto L’uomo dei sogni, anche qui con gli aspetti più positivi della storia americana; ho visto JFK, dove l’unico sognatore, a scapito della realtà, è Jim Garrison, il procuratore che indaga sul complotto dietro l’assassinio di Kennedy, che nella requisitoria finale del processo vuole vedere i suoi nipoti dopo 25 (o 50?) anni andare a prendere i documenti non più secretati sul complotto. Poi ho visto Thirteen days, dove fa il consigliere di Kennedy durante la crisi dei missili a Cuba, in cui Costner fa parte delle colombe della Casa Bianca. Poi c’è Balla coi lupi…

Per ultimo ho visto L’uomo del giorno dopo, film forse troppo poco considerato ma da recuperare assolutamente. Anche se dura quasi tre ore, queste passano in fretta, con i grandi paesaggi americani (alla John Ford, dicono in rete), la storia post-apocalittica, l’unione con una delle donne più toste del cinema, la rinascita dell’America tramite il servizio postale e la guerra agli eserciti personali. Questo film è sfigato, come certe imprese dell’attore/regista, ha vinto diversi Razzy Awards, ma non deve essere dimenticato. Guardatelo appena potete, non ve ne pentirete.


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3 responses

12 12 2008
Anonimo

sono perfettamente d’accordo

12 12 2008
Giuseppe

Fa pietà! E’ tedioso e tendenzioso, stupidamente retorico fino alla nausea. Lo stesso Costner è poco convincente nel voler proporre un personaggio drammaticamente contrastato da più sentimenti e stati d’animo. Sembra più che altro un patetico squilibrato. E’ veramente pesante ed eccessivamente lungo. Ma quale Mad Max, lasciamo stare.

12 12 2008
agegiofilm

Ho tentato di vedere Mad Max una volta, e ritenterò in futuro, ma mi sembra che sia un’altra cosa. L’unica cosa che mi sembra non vada nel film è il ritratto dell’esercito privato e del suo capo, piuttosto infantile devo dire. La retorica invece appartiene non al Postino, ma al suo secondo: il personaggio di Kevin Costner non è mai stato convinto della cosa, e lo dimostra diverse volte, poi accetta la realtà e diventa un capo si, ma senza troppa convinzione. Ecco, il protagonista mi piace fino a quel momento, poi si deve tirar fuori un finale, si devono tirare le somme, e un America che riparte così può anche piacermi…

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