Ogni tanto circa 10 anni fa mi soffermavo sui documentari di Licia Colò, ma non ho grandi ricordi. Era l’era in cui mi ero allontanato dal cinema, e lo zapping regnava contrastato. Quindi oggi, che affronto un documentario del genere, non sapevo cosa mi sarebbe rimasto, se mi sarebbe piaciuto, se avrei resistito fino alla fine. C’è l’ho fatta, e senza neanche grossa fatica. Certo, ci sono parti che non mi piacciono, come l’adattamento per gli occhi dei bambini, comprensibile per certi momenti, per i dialoghi e per l’inserimento nel palinsesto di Natale. Ma Fiorello, oltre ad adattarlo per noi italiani, ha fatto qualcosa in più, e almeno la prima parte è godibilissima. Poi c’era da affrontare il discorso morte, natura, predatori che i piccoli dei pinguini imperatori affrontano nei primi mesi di vita. Si omette naturalmente, si soprassiede, ma c’è un messaggio anche per noi adulti: per un cucciolo si possono affrontare divisioni, non nella famiglia, ma per la sopravvivenza della famiglia. Due i misteri che circondano la specie del documentario che ha vinto l’Oscar qualche tempo fa: come si sia instaurato un istinto del genere, dove scompaiano, e cosa facciano i pinguini appena svezzati per quattro anni. I soliti grandi interrogativi della natura…
Film magnifico. Unica nota stonata, a mio parere, Fiorello. Molto bravo naturalmente ma i suoi interventi sono eccessivamente invadenti e finiscono con disturbare, distrarre, infastidire (nell’edizione originale vi erano tre voci, l’aver scelto nell’edizione italiana di unificarle in una unica persona fa sì che a volte si ha l’impressione che il film sia un suo show personale).
Grazie Leo.