Se non c’erano i titoli di testa a dirmi che c’era Stevie dietro al film non l’avrei mai capito: si è messo a dirigere film normali, in cui comunque ci sono i soliti personaggi normali in circostanze straordinarie; l’eccezionalità qui è rappresentata dai buchi delle leggi sull’ingresso degli stranieri in Usa e dal terminal dal quale non può più uscire il cittadino di un fantomatico paese dell’Est. Se da una parte troviamo il capo dell’aereoporto, ligio ai doveri della legge e attento alla routine del proprio lavoro, dall’altra c’è Tom Hanks, abbastanza sfigato finchè riesce ad approfittare delle opportunità che il paese dove atterra dovrebbe concedere a tutti. Il film è bellino, riesce a far diventare protagonista, forse per la prima volta, un apolide, il quale naturalmente ha problemi linguistici, per cui sarebbe meglio guardare The terminal in lingua originale.
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