La grande illusione

26 02 2009

Scena più famosa: L’inno francese cantato dai prigionieri o la morte del capitano francese:

Parole memorabili: “Bisogna finire questa guerra, no? Speriamo che sia l’ultima”

“Oh, non ti fare illusioni, ritorna alla realtà”.

Regia: Fino a poco tempo fa Renoir faceva parte dei registi inavvicinabili, come Lynch, Rohmer e pochi altri che non ho mai avuto il coraggio di affrontare. Benvengano adesso anche gli altri suoi film!

Attori: Adesso so chi è Jean Gabin.

Soggetto e sceneggiatura: Siamo nel ’37, tra una guerra mondiale e l’altra, si parla di Germania, in pieno nazismo, e anche l’Italia non stava troppo bene…In quel periodo Renoir scrive un film che si inserisce in un periodo quindi non troppo facile per il pacifismo, anche se dopo 72 anni ha ancora da insegnare… La grande illusione ha avuto anche molti problemi di distribuzione, anche nel nostro paese, anche se aveva già vinto a Venezia.

Dialoghi: Non ho mai capito i dialoghi in inglese tra i capitani.

Colonna sonora: La Marsigliese cantata in teatro ricorda la scena finale di Orizzonti di gloria.

Tecnologia nel film: Il massimo che si poteva pretendere era un grammofono.

I miei Oscar: Sceneggiatura

Gli Oscar veri: Ha vinto a Venezia il Gran premio della giuria.

Schede: Filmtv, Mymovies, Wikipedia, IMDB

Sondaggio:

Stesso genere: Orizzonti di gloria

Meglio di, peggio di: Alla pari con Orizzonti di gloria.

Notizie su attori e registi: Se ne sono tutti andati…

Riflessioni e ricordi: Mi ha colpito moltissimo questo film, non solo per l’ennesimo tentativo di fuga, elemento che mi è sempre piaciuto nei fil, ma anche per l’attualità del tema e la consapevolezza che si facevano ottimi film anche prima degli anni ’50, prima dei quali, fino a qualche tempo fa, non guardavo nessun film.





Arancia meccanica

9 02 2009

Questo film è di Stankey Kubrick, un autore per il quale non vorrei sparare cavolate. Altro motivo per il quale non voglio scrivere del film è per le volte che ho visto Arancia meccanica, appena due, delle quali una è stata 11 anni fa. Mi sono poi reso conto che per i temi trattati, per il culto che circonda questo film (è quello che ha avuto più preferenze nelle playlist raccolte per il Torneo dei film), peraltro trasmesso solo una volta in tv in chiaro un anno fa, non voglio scrivere altro. Metto solo i link alle schede:

Filmtv

Mymovies

Wikipedia

IMDB





The Truman show

3 02 2009

Scena più famosa: Quando saluta i vicini…

Parole memorabili: “Buongiorno, buon pomeriggio, buona sera e se…”

Regia: Frequento questo regista da tanti anni, fin da L’attimo fuggente, e non mi ha mai deluso; certo, non ho fretta di vedere Master and Commander, ma è un’altra storia. Anche qui Peter Weir conferma la sua eccletticità, firmando ciò che Morandini definisce il film d’autore più costoso e popolare, quasi delle assurdità messe insieme.

Attori: Dopo i vari Ace Ventura e Bugiardo, bugiardo, Jim Carrey sorprende tutti con questo film, dove si dice sia frenato dal regista. Penso invece che sia invece la consapevolezza dell’attore per l’interpretazione, confermata dai film successivi, a non farlo troppo deviare. Da qui in poi l’attore mi ha incuriosito, ed ho recuperato anche i suoi vecchi film. Tra gli attori/attori mi è piaciuta molto la ragazza che ha un breve flirt con Truman, Natasha McElhone, con un ruolo particolare in entrambi i set.

Soggetto e sceneggiatura: Fino a qualche minuto fa credevo di leggere bene le recensioni dei film. Credevo anche che Andrew Niccol, lo sceneggiatore, fosse autore vero della storia, invece mi sbagliavo: chi ha scritto Gattaca ha preso diversi autori di fantascienza ed ha sintetizzato diverse idee, cosa che mi ha deluso abbastanza. Se il soggetto non è originale fin dall’inizio il film è sceneggiato abbastanza bene, poi si allunga nella parte iniziale, ma ci sono delle buonissime idee, roba per un film di tre ore. Ad esempio mi è venuto un dubbio leggendo la recensione di Mereghetti: e se fosse stato il regista, Christof, a voler far finire la vita sotto bolla di vetro di Truman? Oltre a questo, quanti interrogativi morali e filosofici ci sono dietro le facce buffe di Truman?

Dialoghi: Divertenti quelli del Truman inconsapevole, angoscianti quelli del “dopo” con il resto del cast del “reality”.

Colonna sonora: Un’impronta del regista, che non sceglie a caso le partiture. Qui c’è Philip Glass…

Effetti speciali: E’ costato 80 milioni di dollari, per cui non ci sono solo trucchi fotografici…

Tecnologia nel film: A tratti mi perdo, ed è un film di 11 anni fa. Un esempio: il monitor che Christof ha alla fine del film.

Fotografia: Nella parte normale della vita di Truman danno perfino fastidio i colori così chiari..

I miei Oscar: Regia.

Gli Oscar veri: Nessuno.

Libro: Alcune idee sono tratte da un racconto di Philip K. Dick, Tempo fuori luogo.

Schede: Filmtv, Mymovies, Wikipedia, IMDB.

Prosecuzione delle vicende: Mi immagino Truman che si batte contro i reality che sarebbero poi venuti fuori, e fonda un movimento contro Grande fratello e simili. Magari…invece recentemente ho letto della “Sindrome di Truman

Sondaggio:

Meglio di, peggio di: Meglio di tutti i precendenti film di Carrey, ma peggio di quelli che ha fatto dopo.

Stesso genere: Forrest Gump

Riflessioni e ricordi: A volte ci sono film che ti fanno ricordare tante cose intime. Avrei pagine e pagine da scrivere…





L’impero del sole

12 12 2008

Con questo film in passato penso di aver raggiunto il massimo odio possibile contro il regista: Spielberg stava prendendo una piega che non mi piaceva, anche se naturalmente ho visto questo film in tv, e forse ho mollato la presa…cinefilia ancora embrionale…Rispetto alle volte in cui l’ho guardato senza attenzione, quasi come un dovere, quindi come un compitino, sono cambiate un pò di cose:  innanzitutto cerco di tenere un blog, poi a volte, soprattutto quando mi mancano gli stimoli, leggo le recensioni, in questo caso anche il Castoro sul regista; poi penso di aver sviluppato un certo occhio critico, e una strana capacità di trovare unità narrativa anche nei film che non mi piacciono…

Insomma non dico che siamo davanti al capolavoro di Spielberg, ma neanche a un film bruttissimo. Se non sbaglio da qui in poi la critica è diventata sempre più positiva nei confronti del regista, che forse puntava ancora all’Oscar, oppure voleva fare il ruffiano…Ci sono molte cose positive nel film, ad esempio la voce bianca del protagonista che canta forse, non so, l’inno giapponese quando stanno per partire alcuni kamikaze. La vivacità del regista si conferma nelle prime scene del campo di prigionia, quando un giovanissimo Christian Bale (eh, si, proprio lui…) impara ad “arrangiarsi”. Ci sono altre bellissime scene secondo i critici, come la descrizione della lotta in casa con le riprese del talco sul pavimento, o le scene di massa con le comparse, piuttosto notevoli secondo Mereghetti. Il tema del film è la perdita dell’innocenza, e se ne Il colore viola i bambini mi sembrano in disparte, qui il regista sembra voler maturare con il protagonista, che dice “Mi arrendo” e gli ridono in faccia, e inizia ad arrabattarsi con gente più grande di lui…





Il pianeta delle scimmie…

11 10 2008

…l’originale, non quello di Tim Burton. Non che odi questo regista, ma se non ricordo male nel remake ha fatto un pò di casino nel finale.

Dell’originale (autentico film da domenica pomeriggio, come li definisco io quelli classici, ma non troppo, di guerra o di fantascienza d’antan, come in questo caso), mi piace l’inizio, la fine e ciò che viene dopo:

  • l’inizio perché è un viaggio nel tempo, e si fanno congetture e riflessioni filosofiche da domenica pomeriggio;
  • la fine perché ci mettono ancora filosofia spicciola, ma nel confronto con la scienza e la storia. Poi c’è la sorpresa delle ultime riprese…chi non l’ha visto non può capire.
  • ciò che viene dopo, ossia i sequel, 4 o 5 se non ricordo male, che vanno avanti o indietro nel tempo rispetto alle vicende del film, ma che si rivelano piuttosto carini.

Ciò che fa odiare il film, e i suoi seguiti, è la concezione troppo banale della vita e del lessico (le parole sono importanti, diceva qualcuno, non ricordo chi..) delle scimmie: parlo di un modus vivendi che neanche l’uomo ha nella vita reale. Scienza, religione, politica, giustizia sono cose che nel film sono ritratte come collegate, ma retrograde, come in una dittatura, non sono riusciti a togliere di mezzo questo inghippo del film, sennò veramente potevano fare un film migliore.





Addio Paul

29 09 2008

Ho appena finito di vedere Nick mano fredda, che insieme a Lo spaccone faceva parte del mio tributo a Paul: non riesco a togliermi dalla testa il sorriso scanzonato di Nick, come diceva il personaggio di George Kennedy; chissà se come Nick si è messo in pace con il destino, che negli anni in cui è stato girato il film non era altro che chi ci guarda da lassù. Questo aspetto di Nick mano fredda non l’avevo mai considerato, forse maturando con l’età, forse senza considerarlo meramente un film di prigioni da domenica pomeriggio, quando magari Rete 4 manda i suoi classici (ho toppato alla grande sui film che avrebbero trasmesso in tv sabato…), ci avrei visto anche la ribellione del protagonista, che ne fa una bandiera pre ’68, come Steve McQueen che inforca la moto in La grande fuga; invece questa volta ho notato l’abiura che fa Nick dello sbandierato ateismo, vai tu a capire gli anni che avanzano…

Lo spaccone non l’avevo mai visto: l’ho registrato un bel pò di tempo fa, e l’ho lasciato lì per i tempi peggiori, periodo che poi sarebbe diventato la visione della mia Top 100. Per Paul ho fatto un eccezione, e ora riesco a capire come Lo spaccone sia nel cuore di tanti. A parte i biliardi, che amo senza praticare, ricordavo che anche qui Paul interpreta un perdente che si riscatta. Ma se nel film di Rosenberg il protagonista in un atto di estrema e ultima ribellione viene colpito da uno dei boss, ne Lo spaccone riesce a divincolarsi da un certo ambiente delle scommesse, e ne esce vincitore e vivo. A far da collante in questi due film ci sono le donne: la madre in Nick mano fredda, la cui morte è forse il motivo che lo porta a tentare la fuga più volte; la ragazza che incontra alla stazione dei bus dopo una batosta al tavolo verde, che si suicida anche per causa sua e per la quale si batte con Minnesota Fats e il suo sponsor, anche lui colpevole. Ho trovato quindi del buono in alcuni film interpretati da Paul, non solo ribellione e fatalismo.

Gli altri film che ho visto (o che ho già registrato) dell’attore sono:

  • Era mio padre, da recuperare;
  • Per amore…dei soldi, in predicato di visione;
  • Le parole che non ti ho detto, forse il blockbuster che l’ha messo in pensione;
  • Mr. Hula Hoop, in cui ha un ruolo bellissimo da cattivo;
  • Il colore dei soldi, imparagonabile a Lo spaccone, di cui vuole essere il seguito;
  • Il verdetto, uno dei migliori film dell’attore;
  • Quintet, un film di fantascienza di Altman, con cui avrebbe fatto anche
  • Buffalo Bill e gli indiani, film quasi western post ’68;
  • il classicone Inferno di cristallo, rivisto di recente senza troppe aspettative;
  • La stangata, una delle migliori truffe cinematografiche, che ricordo fin dalla prima visione da bambino;
  • Butch Cassidy, anch’esso da vedere prossimamente;
  • Detective story, noir che non ricordo;
  • Intrigo a Stoccolma, con quasi le stesse atmosfere di Intrigo internazionale;
  • Exodus, film dalla durata infinita ma che devo recuperare.

Da Nick mano fredda, il dialogo con Dio:





Io non ho paura

30 07 2008

Non ho letto il libro, come al solito, ma penso che Salvatores abbia fatto un bel lavoro, soprattutto di ricostruzione dell’epoca e dell’ambiente, almeno è la cosa che mi ha colpito di più. Anche la fotografia è ottima, basta vedere con quale luce sono ripresi i campi di grano. I bambini protagonisti sono bravi, e non so come abbiano fatto a recitare in una storia “da grandi”, per usare un’espressione del film. Ho visto questo film solo una volta, perché ne avevo comprato la vhs con Panorama e dovevo farci un dvd insieme a Denti, dello stesso regista. Credevo peggio, anzi: questa volta posso alzare il voto rispetto alla prima visione.





Papillon

9 04 2008

Non avevo mai visto un film con Steve McQueen, nemmeno La grande fuga, che qualche tempo fa ha trasmesso La7. Piano piano sto colmando questa lacuna. Papillon è stato il primo film che ho visto con questo attore, attirato dal titolo, nella mia testa da molti anni, e dal sottogenere carcerario, del quale Papillon fa parte. Papillon è immancabile in una playlist del genere, ma non ho aspettato ansiosamente che venisse trasmesso in tv (anche qui, La7): me lo sono registrato, e con calma, molta calma, me lo sono guardato. E mi è piaciuto. Così ho aspettato che lo rifacessero in tv, e mi sono fatto il dvd. Un classico.





Alcatraz – L’isola dell’ingiustizia

9 04 2008

Alcatraz fa parte dei primi film che ho noleggiato dopo aver acquistato il primo videoregistratore, e forse da qui è nata la passione per il sottogenere carcerario. Nel film recita Kevin Bacon, che ha interpretato la parte di una vita. Questo attore si è fatto conoscere negli anni ’90, per film come Sleepers, dove faceva il carceriere violento e pedofilo, quindi il contrario di Alcatraz, e Apollo 13, dove ha un piccolo ruolo, quasi secondario. Oggi pensavo a questo prima della visione di Alcatraz, ma la cosa che mi ha più confuso è il primo contatto con il suo avvocato. Infatti il protagonista è stato rinchiuso in isolamento per 3 anni ad Alcatraz, con mezzora d’aria all’anno, e ne esce piuttosto provato, tanto da uccidere un detenuto. L’avvocato incolpa prima i dirigenti della struttura, poi l’intera isola. Ma essenziale è per lui comunicare con l’imputato, cosa che credevo gli riuscisse molto tempo dopo il primo contatto. Il film è tratto da una storia vera, e gli attori sembrano dare il meglio in queste occasioni, ma aver risolto rapidamente il problema suddetto mi ha deluso, mi ha ricordato molti film degli anni ’90, dove il ritmo era essenziale. O forse è stata proprio l’ennesima visione ad avermi rovinato il piacere del film?





Sleepers

4 04 2008

Uno dei pochi film che alla fine mi fa venire un certo magone. E si che se ne vedono di cotte e di crude, per come è ritratta Hell’s kitchen, per la violenza della parte carceraria del film, per i traffici che stanno dietro al processo… Una delle poche cose belle del film è Minnie Driver, della quale ho iniziato ad apprezzare la sua bellezza da Sleepers. Il prete del film non poteva che essere interpretato da De Niro, che si becca tutte le parti più difficili…

Le recensioni non ne parlano troppo bene, ma a me piace molto, e l’ennesima visione conferma la mia opinione. Ci è voluto coraggio a fare il film, tratto da un romanzo che deve aver sollevato non poche polemiche, anche se l’autore ha cambiato molti dettagli dell’esperienza vissuta per proteggere l’identità dei soggetti coinvolti.

Il legame con il prossimo film della catena è duplice: il regista Barry Levinson ha fatto poi Sfera, portandosi dietro Dustin Hoffman.





Brubaker

31 03 2008

Nel lungo inverno ’97-’98 tra i tanti film che ho visto, circa 5 al giorno, ho visto anche questo film con Robert Redford. Non so dove l’ho letto, ma da qualche parte sta scritto che Redford avrebbe rifatto Nick mano fredda, ma sono due film diversissimi: mi sarebbe piaciuto vedere Nick con direttore del carcere Brubaker, ma quest’ultimo è un personaggio ispirato alla realtà, e dopo 26 minuti, dopo il “colpo di scena” che annulla il remake del film dello stesso regista, si entra in un film democratico e riformista. Robert Redford diventa un direttore liberale, che sogna un carcere migliore, con meno affari per chi rende schiavi i condannati (tra i quali c’è anche un ancora sconosciuto Morgan Freeman), ridotti alla corruzione anche per delle cure mediche. Ci è voluto coraggio per fare questo film, ma Robert Redford è perfetto nella parte.

Robert Redford dopo un pò, dopo gli anni ’70 caratterizzati da successo e impegno, ha iniziato a dirigere dei film come Quiz show.





Il miglio verde

21 03 2008

Diversi anni fa ho preso in prestito in biblioteca alcune delle puntate del libro di Stephen King, dal quale è stato tratto il film. Non ho mai iniziato a leggerlo. Poi, quando la mia passione per il cinema è rinata nel 2000, ho noleggiato il film in una piovosa sera d’estate. Avevo in mente solo il titolo, non sapevo che durasse tre ore e che era diretto dal regista di un altro film tratto da King, ossia Le ali della libertà. A mente fredda, senza aver quasi letto nessuna recensione, me ne sono quasi innamorato: l’ambientazione drammatica nel braccio della morte per un film quasi fantasy è inusuale, ma il deus ex-machina che finisce sulla sedia elettrica non è il protagonista, l’omone nero di quasi due metri con poteri soprannaturali lo si vede poco. Il film parla del miglio verde, la distanza tra le celle e la sedia elettrica, quindi delle guardie e degli altri carcerati, ma non tanto di John Coffey, testimone di crudeltà, malvagità, vendette e bastardate tra buoni e cattivi.

Anche se Michael Clarke Duncan si è aggiudicato (e meritato) una candidatura all’Oscar, il protagonista del film è Tom Hanks, al quale ho dedicato le mie ultime ore davanti alla tv essendo uno dei miei “grandi attori”, nell’ennesimo ruolo positivo, da buono, testimone di fatti miracolosi contro la sua volontà, e per cui pagherà a vita.

Nota curiosa: anni fa una trasmissione sul cinema di Radiodue, aveva proposto il film-crossing, una derivazione dal più famoso bookcrossing. Io ho lasciato in una piazza del mio paese la videocassetta etichettata e quindi forse rintracciabile del film, con la quale qualcun altro potesse gratuitamente passare qualche ora piacevole davanti alla tv, per poi lasciarla in un luogo pubblico come ho fatto io. Non ho mai saputo che fine ha fatto, e nel sito non parla più dell’iniziativa. Che fine avrà fatto la videocassetta?





Una scelta d’amore – The boxer

16 03 2008

Si può parlare d’amore in un film sull’Irlanda, sull’IRA? Una scelta d’amore parla di due madri che affrontano la prigionia e le proteste dei figli aggregati all’IRA. Due madri diversissime, che cambiano le loro opinioni stando insieme e lottando con i propri figli contro il governo inglese. Un film duro, secco, veloce, senza tanta retorica e per questo lo preferisco a Nel nome del padre, scritto anch’esso da Jim Sheridan. Se volete farvi un’idea sulla storia irlandese degli ultimi anni dovete anche guardare The boxer, dove Daniel-Day Lewis, protagonista anche di Nel nome del padre, esce di prigione dopo 14 anni, senza coprirsi d’infamia nei confronti dell’IRA, ma restando innamorato della moglie di un prigioniero dell’esercito repubblicano. Cerca di rifarsi una vita e di pensare al futuro con la boxe, e, nel periodo in cui l’IRA vuole riporre le armi per un accordo con il governo inglese, cerca di favorire la riappacificazione. Ma ci sono i duri e puri che non accettano la pace e l’amore del boxer. Un amore nato a 18 anni, conservato nel silenzio della prigionia, senza voler essere ricambiato, solo che la sua bella è la figlia del capo dell’IRA di Belfast.





Il silenzio degli innocenti

29 02 2008

Uno dei primi film sui serial killer. Alla prima visione, senza aver letto nessun libro di Harris o di Patricia Cornwell, non mi ha spaventato tanto. Poi, le volte successive che l’ho visto, anche e soprattutto dopo aver visto altri film sul tema, con una specie di mania nel ’98, e dopo l’ultima visione, mi sono reso conto che non è solo il miglior lungometraggio sul tema, ma il miglior thriller che possiedo. Due scene mi hanno fatto alzare il pollice definitivamente questa volta: la scena dell’ingresso in casa del thriller, e quella degli infrarossi, che penso Jodie Foster abbia interpretato veramente al buio. Poi c’è Hannibal, l’uomo nero, il padre dei serial killer, che oltre ad avere un olfatto decisamente sviluppato, possiede delle capacità mentali e intellettuali, essendo anche uno psichiatra, che fanno ancora più paura della storia.

Gli Oscar che ha vinto:

  • miglior film
  • migliore regia
  • miglior attore protagonista (Anthony Hopkins, ecchisennò?)
  • migliore attrice protagonista (Jodie Foster)
  • migliore sceneggiatura non originale

Era anche candidato per il Miglior sonoro.





Il pianista

19 02 2008

E’ difficile dimenticare un film come questo, ma più di tutto ricordo la scena del protagonista rinchiuso in un appartamento dove non poteva fare rumore, meno che mai suonare il suo strumento. I tempi sono quasi indefiniti, scanditi solo dalle date storiche, ma penso che il pianista per diversi mesi abbia subito anche questa tortura, dovendo solo immaginare di mettere le mani sul suo strumento.

Gli Oscar vinti:

  • miglior film
  • migliore regia a Roman Polanski (come per Spielberg e Schindler’s list)
  • miglior attore protagonista Adrien Brody
  • migliore sceneggiatura non originale (tratta dalla autobiografia di Wladyslaw Szpilman)

Le candidature:

  • miglior fotografia
  • miglior montaggio
  • migliori costumi